Un punto di vista particolare sul mondo complesso della genitorialità, tra scelte difficili e pericoli in agguato, aspettative deluse e gioie inaspettate. Ma soprattutto, sulla difficoltà di accettare i propri errori
Un lavoro di teatro d’attore, anzi d’attrice, sul tema del corpo che cambia, che invecchia,che decade, in particolare il corpo femminile.
Un omaggio all’arte di Federico Fellini, costruito a partire dai racconti della vita e della famiglia d’arte di Andrea Santonastaso, in un personale “amarcord” in cui ognuno può ritrovare un po’ di se stesso.
Una riscrittura della fiaba popolare romagnola Zio Lupo, che Calvino inserì nelle sue Fiabe Italiane. Uno spettacolo che si addentra nel sempre più difficile rapporto dei bambini e delle bambine con il cibo.
C’era una volta… niente, ma proprio niente. Solo una pagina bianca. Ma un bel giorno arrivarono i Disegnatori di Tutte le Cose e grazie alla loro immaginazione e alla loro fantasia iniziarono a creare.
Uno spettacolo senza parole ma con tante scarpe e qualche braccio. Una drammaturgia originale scritta per raccontare, attraverso la poesia, l’incanto e la magia del gioco teatrale, la vita di chi è perseguitato perché considerato diverso.
"C’era una volta
Tanto tempo fa
In un lontano paese
Una principessa
O forse era una bambola
Forse una bambina
Una ragazza
Insomma… c’era una volta qualcuno
Perché c’è sempre qualcuno
Se no, che storia sarebbe?!?"
La vicenda di Sekou si snoda in parallelo a quella dell’attrice che la racconta e che in quel racconto si rispecchia e si interroga.
E finalmente, dopo anni, le nostre tre buffe amiche vagabonde tornano con una nuova avventura!
Uno spettacolo dedicato a Sandro Pertini. Con questo spettacolo Bonazzi, Poli e Santonastaso, dopo il grande successo di Mi chiamo Andrea, faccio fumetti dedicato ad Andrea Pazienza, tornano a raccontare una biografia esemplare a cavallo tra anni Settanta e Ottanta, nella convinzione che in quei due decenni abbiano germinato pensieri e situazioni con cui ora più che mai occorre confrontarsi.
Il Labirinto è uno spettacolo post-teatrale in realtà virtuale, innovativo nel linguaggio e nelle modalità di fruizione, in cui ogni spettatore sarà dotato di un visore, uno speciale dispositivo che proietta chi lo indossa in uno scenario così realistico da sembrare vero.
Due personaggi colorati e buffi. Un campanello rosso. Una lavagna e delle parole. Parole belle, parole sconosciute, parole sbagliate? E ancora tanta Musica. Ecco il mondo che vorremmo: un mondo reale ma anche fantastico. Un mondo “sottosopra”!
Questa è la storia di Nico, un bambino come tanti ma con una grande certezza: Nico è convinto che il suo papà, una persona spesso radiosa, ironica e dai modi cortesi, un papà di sole, come dice lui, abbia un gemello. Un gemello identico di aspetto, ma di carattere completamente opposto: un papà di tempesta, così lo chiama Nico. E quando il papà di tempesta prende il posto del papà di sole, le cose cambiano.
Il lavoro, nato nell’estate del 2018, prende le mosse da testimonianze vere. Da un lato una giovane profuga siriana incontrata dai due autori a Lugano, dall’altro un reportage inchiesta durato due anni e mezzo tra Europa Medio Oriente e Africa “a caccia di trafficanti”. Un lavoro che mette in scena il più grande fenomeno dei nostri tempi.
In un clima sospeso, il racconto di Irma Bandiera si appoggia sulle testimonianze affettuose e appassionate di chi ha vissuto in prima persona la vicenda, dando spazio all’umanità della protagonista e analizzando alcune delle tracce che la storia lascia nella contemporaneità.
Nel ventre narra la storia di un’attesa: Ulisse, Epeo (artefice del cavallo), Neottolemo (figlio di Achille) e un pugno di soldati sono nascosti dentro il cavallo, fuori dalle mura di Troia. È l’ultimo capitolo di una lunghissima guerra, i compagni di armi hanno abbandonato la spiaggia i Troiani li hanno visti partire.
Mi chiamo Andrea, faccio fumetti è una biografia, ma non è una biografia. È un monologo disegnato.
Ricordi? racconta la storia di Marta e del suo papà. Dei piccoli gesti affettuosi e della cura che Marta gli riserva. Dei piccoli gesti affettuosi e della cura che il papà le riservava quando lei era piccola. Dei ricordi di una vita.
«C’era una volta il popolo. Era un popolo ottimista, che credeva in sé e si impegnava in attività improduttive, tipo costruire “case” dove ritrovarsi tutti insieme a fare cose ricreative, per esempio ballare o giocare a carte.»
Un bès, dam un bès! Dammi un bacio... Ma chi lo dà un bacio allo scemo del paese, al pazzo emarginato?
Dopo Hansel e Gretel e Cenerentola, continua il viaggio delle tre buffe amiche vagabonde Zobeide, Sassonia e Teulalia sul carretto delle storie.
Tre diverse storie, tre finali quasi "gialli" per raccontare la follia della guerra e il fascino malefico del potere.
Dopo Hansel e Gretel, continua il viaggio delle tre buffe amiche vagabonde Zobeide, Sassonia e Teulalia sul carretto delle storie.
Nell’asettica tranquillità di una clinica svizzera, Dorra, dopo silenzi ostinati e furiosi, ripercorre le ragioni dell’odio secolare di cui è stata vittima, mentre Kate annota i progressi della sua condizione, integrandoli con osservazioni teoriche sulle pulsioni di aggressività che l’uomo balcanico mostra nei confronti delle donne. Quando la volontà di annientamento di Dorra sembra prevalere, un evento inatteso riapre la porta alla speranza.
C’è un personaggio nell’Odissea che mi rappresenta. Un personaggio che vive una condizione a me familiare. Un personaggio che molti non ricordano neanche: Telemaco. Ho provato a chiedere in giro e, difatti, molti ricordano un cane - Argo, mi pare... - ma non un figlio. Io, invece, ne ho sempre subito il fascino, perché la sua attesa è carica di suggestioni. Telemaco non ha ricordi di Ulisse, non l’ha mai visto, non sa come è fatto, non sa il suono della sua voce: per Telemaco, Ulisse è solo un racconto della gente.
Ed è proprio questa assenza ad aprire infinite possibilità nei pensieri di Telemaco. Lui è l’unico personaggio dell’Odissea che può costruire una figura di Ulisse calibrata a suo piacimento. I pensieri di Telemaco, forse, sono l’unico luogo dove Ulisse può essere ancora un eroe. Tutti gli eroi, infatti, mancano di quotidiano. Così, del resto, accadeva a me bambino, con un padre lontano che, nella mia testa, assumeva tratti epici. Ma Telemaco non è solo. E’ circondato dalla quotidianità di una madre reclusa in casa; dalla gente che non sapendo che fare tutto il giorno al bar del paese, mormora su sua madre e sul mancato ritorno di questo padre; dal mare del Salento che, ammaliato dagli incontri terrificanti e straordinari di Ulisse, lo trascina senza sosta nei luoghi remoti della terra per poter ascoltare nuove storie.
Questa è la storia di Hansel e Gretel e della loro famiglia tanto povera. "Quattro bocche sono tante da sfamare in questa landa desolata" ripeteva la Matrigna nella sua camera; "Anche tre bocche sono troppe" ripeteva Zobeide seduta sul carretto… Come si fa se si ha tanta fame e niente da mangiare?
Una provincia degradata e dai contorni sfumati; un tempo indefinibile, in bilico tra passato e presente; quattro personaggi abitati da furori indomabili.
Una pedana 4x3, una parete inclinata, quattro attori. Un turbinio di situazioni e di gags sulla scuola di ieri e su quella di oggi, quella dei secchioni e dei bocciati, quella delle merendine flosce e delle prof vampiro.
Dopo il consenso ottenuto con la prima parte del progetto Italiani cìncali, dedicata ai minatori del Belgio (150 repliche in Italia e all’estero in poco più di un anno - candidatura in finale al Premio Ubu come nuovo testo italiano), debutta il secondo capitolo incentrato sull'emigrazione in Svizzera, fenomeno che giunse al suo massimo incremento durante gli anni ’60. La legislazione, tuttora vigente, in materia di emigrazione e l’ostilità diffusa della popolazione locale ne hanno fatto un altro capitolo efferato della nostra storia recente, talmente vicina nel tempo, che potremmo parlare di cronaca.
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