Arturo

Mercoledì 9 febbraio 2022 | ore 10.00
Florian Metateatro | Rueda/Habitas
di e con Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich | scena Fiammetta Mandich | sound design Dario Costa | light design Marco Guarrera | illustrazioni Margherita Nardinocchi | assistenza e cura Anna Ida Cortese
A causa di un caso di positività al COVID-19 tra i membri della compagnia, lo spettacolo Arturo, previsto per mercoledì 9 febbraio, è rinviato a mercoledì 9 marzo 2022.
Consigliato dai 12 ai 18 anni
Il progetto nasce dall’incontro di due registi/autori che condividono lo stesso dolore: la perdita dei propri padri. Da qui l’esigenza di stare in scena senza la mediazione degli attori, lavorando su due differenti piani: quello dei padri che si raccontano in prima persona e quello in cui emerge il punto di vista dei figli. I due piani si invertono, si intersecano, si mischiano e a volte quasi si confondono. Sul palco si costruisce un puzzle della memoria, composto di dodici pezzi – corrispondenti ad altrettante scene – che esplorano il tema utilizzando forme e linguaggi differenti, includendo momenti di interazione con gli spettatori e altri senza una drammaturgia definita. I titoli dei pezzi del puzzle saranno scritti dagli spettatori prima dello spettacolo, per poi essere mischiati e disposti nello spazio in maniera casuale. Ciò permette al lavoro di avere una struttura mutevole, non replicabile e dalle “infinite” combinazioni, proprio come l’andamento della memoria; altresì consente allo spettacolo di trasformare le autobiografie dei due attori da memorie private a atto collettivo, aperto, universale, in quanto il segno grafico lasciato dagli spettatori si fa parte integrante e imprescindibile della scena. L’intento è di trattare la morte, spesso vista come un tabù, con la voglia non di compatirsi o cercare conforto, bensì trasformando il dolore in atto creativo.
Il progetto nasce dall’incontro di due registi/autori che condividono lo stesso dolore: la perdita dei propri padri. Da qui l’esigenza di stare in scena senza la mediazione degli attori, lavorando su due differenti piani: quello dei padri che si raccontano in prima persona e quello in cui emerge il punto di vista dei figli. I due piani si invertono, si intersecano, si mischiano e a volte quasi si confondono. Sul palco si costruisce un puzzle della memoria, composto di dodici pezzi – corrispondenti ad altrettante scene – che esplorano il tema utilizzando forme e linguaggi differenti, includendo momenti di interazione con gli spettatori e altri senza una drammaturgia definita. I titoli dei pezzi del puzzle saranno scritti dagli spettatori prima dello spettacolo, per poi essere mischiati e disposti nello spazio in maniera casuale. Ciò permette al lavoro di avere una struttura mutevole, non replicabile e dalle “infinite” combinazioni, proprio come l’andamento della memoria; altresì consente allo spettacolo di trasformare le autobiografie dei due attori da memorie private a atto collettivo, aperto, universale, in quanto il segno grafico lasciato dagli spettatori si fa parte integrante e imprescindibile della scena. L’intento è di trattare la morte, spesso vista come un tabù, con la voglia non di compatirsi o cercare conforto, bensì trasformando il dolore in atto creativo.
Le parole più cercate
paolucci
tassinari
Corso base
Teatrobus
Micaela casalboni
tessuti
Marco Falsetti
cappuccetto rosso
CuraUgualeFamiglia
pluriversità
marta
lampedusa mirrors
gocciolina
un bes
censimento
cardone
candido
arginebox
corso di tessuti aerei
itc studio
aperitivo con il critico
Andrea Paolucci
romanzo
Marco
stage di regia
Marco Baliani
mattei
paolo fronticelli
corso di tessuti
stefano salerno